Come stai?
Alle volte è domanda di banale
circostanza, ma io te lo chiedo con sincero interesse, mi informo
davvero sulle tue condizioni di salute.
Ma, di primo acchito, seguendo il
solito automatismo direi, bene grazie...
oppure, con calma, inizierei a
conversare con te, a esporti i miei problemi, a raccontare.
Raccontare come sono, perché sono
così.
Perché sei così, come?
Perché sono le mani di mia madre gli
occhi di mio nonno l'ossatura di mio padre.
Ogni pezzo è il dono di qualcuno.
E poco alla volta riconosco e
ricompongo tutto il disegno.
Ricordo il benessere dei baci e delle
carezze dell'infanzia.
Il solletico che stuzzica, il contatto
freddo dell'acqua o del vento gelidi che fanno arricciare la pelle,
il tocco bollente di una goccia scappata al controllo che ustiona
dolorosamente.
Sensazioni diverse da immagazzinare
nel tempo.
E poi?
Poi il pieno e il vuoto.
Cioè?
La privazione di alcune parti, come
una sorta di abbandoni, da dimenticare.
Ma l'armonia della pienezza, della
vita che cresce e si fa spazio, quello di certo lo voglio ricordare.
Battiti, colpetti, fruscii, sogni.
Meravigliosa e terribile metamorfosi
del corpo che cambia.
E il tempo passa e la trasformazione
(diversa) continua.
Non sempre tutto è a regime, qualcosa
non va.
Di pezzi di ricambio non ce n'è, o
quasi...
E allora, che si fa?
Si cerca di preservare quello che si
può, si cerca di volersi bene, di apprezzare quello che si ha.
non ti preoccupare, come ben sai, tutti hanno i loro acciacchi!
RispondiEliminaGiselda
Scritto molto bene, Turchese assoluto.
RispondiEliminaCredo che abbia tolto la parola a tutti! titti